Domenica per consentire ai ragazzi delle medie e delle elementari di leggere quanto hanno preparato, il Presidente dell'ANPI ha dovuto riassumere il discorso. Lo pubblichiamo ora.
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Autorità, Cittadini, vi porto i saluti dell’ANPI provinciale.
Quest’anno le manifestazioni per il 65° anniversario della Resistenza assumono un rilievo particolare non solo per la ricorrenza in sé, ma anche perché i valori della Resistenza e della Costituzione vengono sempre di più messi in discussione ed sposti a concreti pericoli, suscitando preoccupazioni serie nei cittadini che ritengono che quei valori costituiscano il faro destinato ad illuminare e indirizzare le nostre azioni e siano il fondamento della convivenza civile.
Il nostro primo pensiero va al Partigiano sangiorgese LUIGI TRAVAINI, Brigata Alfredo Di Dio, che ci ha lasciato nello scorso mese di agosto,a Lui il nostro ringraziamento per aver contribuito a ridarci la libertà.
Quella libertà che al popolo italiano era stata tolta da più di un ventennio di regime fascista, iniziato con la marcia su Roma, con l’occupazione del Parlamento ridotto a claque organizzata per il Dittatore. Proseguita con l’eliminazione anche fisica degli avversari politici, Giacomo Matteotti, con l’invio al confine di centinaia di oppositori. La soppressione della libertà di stampa, tutti a libro paga del regime. Poi le guerre inutili in Africa, di cui stiamo ancora pagando adesso i debito, le leggi razziali per uniformarsi a quelle emanate dal nazismo. L’entrata in guerra di fianco alla Germania con la devastante campagna di Russia, con migliaia e migliaia di soldati italiani morti assiderati con le scarpe di cartone. Poi il 25 luglio 1943 il Re depone il governo fascista e l’8 settembre 1943 il maresciallo Badoglio firma l’armistizio con gli alleati. E’ l’inizio della lotta partigiana, con centinaia di giovani e meno giovani, uomini e donne, operai e intellettuali, artigiani e insegnanti, laici e religiosi, che scelgono di andare sulle montagne, di agire da staffette in città, per recuperare armi, compiere attentati, contro il nemico nazista e i loro alleati della Repubblica di Salò. Centinaia di militari in Italia e all’estero scelgono di combattere per la libertà insieme ai partigiani. Migliaia di militari e civili, uomini, donne, bambini, vecchi, vengono deportati nei campi di concentramento, prima in Italia, poi in Germania, Austria, Polonia: Mauthausen, Auschwitz, Dacau; la lenta agonia per fame di tanti bambini a Terezin; milioni di esseri umani, ebrei e non, sottoposti a sevizie di tale enormità da far dire a molti sopravvissuti – come scrive Primo Levi – “se lo raccontassimo non saremmo creduti!” Gli eccidi, come a Cefalonia, soldati italiani che rifiutarono di consegnarsi ai tedeschi, 600 mila militari, di ogni arma, Carabinieri, Finanzieri, internati in Germania.
A questa lotta dei partigiani, aiutati e sostenuti dalla popolazione, i nazifascisti risposero con gli eccidi, le fucilazioni, le impiccagioni.
Decine di migliaia di partigiani uccisi, feroci rappresaglie contro la popolazione civile che sosteneva la lotta: la Risiera di San Sabba, Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, le Fosse
Ardeatine,
Nelle fabbriche del nord i lavoratori iniziarono i primi scioperi per chiedere condizioni di lavoro più umane, ma la risposta dei tedeschi fu la deportazione come alla Franco Tosi, alla Comerio.
30 mila lavoratori periti nelle deportazioni e nei campi di concentramento.
Sulle montagne della nostra zona si costituirono le prime brigate di partigiani, Garibaldi, Alfredo di Dio.
Il 25 aprile del 1945 il C.L.N. (Comitato di Liberazione nazionale) lanciava la parola d’ordine dell’insurrezione: Milano e altre grandi città del Nord
si liberavano dai nazi-fascisti, mentre gli Alleati, superato l’ultimo ostacolo della Linea Gotica, incalzavano le truppe tedesche in ritirata nella Pianura Padana.
Dopo più di venti anni di dittatura il nostro Paese, l’Italia, riconquista la libertà e la democrazia.
Poi il referendum che sancisce il passaggio da una Monarchia che non seppe contrastare il fascismo alla Repubblica. Inizia il lungo percorso per risollevare la popolazione, per ristabilire i diritti civili, l’uguaglianza, per la prima volta le donne possono votare. Viene formata l’Assemblea Costituente per stilare la nuova Costituzione entrata in vigore il 1° gennaio del 1948. Una Costituzione considerata da molti una delle più moderne e più complete fra quelle esistenti.
Questa giornata deve essere l’occasione non solo per rinnovare il commosso ricordo dei Caduti e la nostra gratitudine ai combattenti della libertà, ma anche per difendere e consolidare quelle conquiste, per affrontare con rinnovato spirito costruttivo i grandi ineluttabili appuntamenti del XXI secolo.
La difesa della Resistenza, della Costituzione, la pace, il lavoro, la salvaguardia dell’ambiente, lo sviluppo della democrazia politica, economica, l’affermazione dei diritti dell’uomo, della donna, dei minori, questi sono i nostri obiettivi.
«Il lavoro della memoria presuppone la giustizia, non per spirito di vendetta>>
Oggi non si colloca più ogni vicenda nel proprio contesto storico, è molto più facile mischiare le carte, far passare la Resistenza come guerra civile e di conseguenza chiedere onore anche ai caduti di Salò.
Dopo la memoria e l’antifascismo, uno dei temi sui quali l’ANPI è impegnata
è quello della difesa ed attuazione Costituzione.
Noi ci siamo impegnati ad impedire che venga modificata la prima parte,
quella dei principi e dei valori fondamentali: Diritto al lavoro, pace, libertà, democrazia, uguaglianza, diritti. Su altre modifiche relative alla seconda parte, diciamo: attenzione ed estrema vigilanza sui contenuti.
Abbiamo già combattuto e vinto un referendum su alcune modifiche alla seconda parte, in cui erano contenute limitazioni al ruolo di garante del Presidente della Repubblica e dell’autonomia della magistratura.
Dobbiamo partecipare al dibattito, far sentire le nostre posizioni che richiamano i valori fondamentali della Costituzione. Impedire stravolgimenti. L’impianto dei valori costituzionali, in particolare per ciò che attiene alla divisione dei poteri e al rispetto delle varie istituzioni, è fondamentale se non vogliamo precipitare in un baratro senza fine.
“La Costituzione è un testamento,
un testamento di 100mila morti.
Se voi volete andare in pellegrinaggio
nel luogo dove è nata la nostra Costituzione,
andate nelle montagne dove caddero i partigiani,
nelle carceri dove furono imprigionati,
nei campi dove furono impiccati,
dovunque è morto un italiano
per riscattare la libertà e la dignità,
andate lì, o giovani,
col pensiero,
perché lì è nata la nostra Costituzione”.
Queste parole di Piero Calamandrei, uno dei Padri della Patria sono enormemente attuali.
Parole che potete leggere qui scolpite in questa targa, posta a fianco del Monumento della Resistenza.
Ci preoccupano non solo le modifiche alla Costituzione, ma anche una serie di leggi o proposte di legge al limite della incostituzionalità.
E’ sotto gli occhi di tutti la caduta, talora precipitosa, di valori fondamentali, dal rispetto delle regole e delle istituzioni, al rispetto della persona umana.
E’ altrettanto evidente la crisi di uno dei cardini del sistema, il principio di uguaglianza.
Tutti i comportamenti istituzionali e politici devono essere improntati al rispetto della legge e alla difesa dello stato di diritto. Gli organi fondamentali di garanzia, a partire dalla Magistratura, devono essere rispettati ed aiutati a funzionare al meglio; così come meritano rispetto tutte le istituzioni.
L’etica nella politica costituisce sempre di più un elemento di fondo da rafforzare e valorizzare.
La Pace, minacciata da un diffuso terrorismo internazionale nei cui confronti la condanna delle libere coscienze non può che essere senza dubbi e riserve.
Bisogna anche restituire al lavoro, valore fondante della Repubblica, il suo ruolo e la sua dignità. C’è un contrasto stridente fra i princìpi costituzionali in tema di lavoro e la durissima realtà del nostro Paese, che registra una rilevante crescita della disoccupazione e degli ammortizzatori sociali, anticamera dell’espulsione dai luoghi di lavoro, mentre si aggravano le condizioni della precarietà e il numero dei morti sul lavoro rimane una tragica costante del sistema italiano. E’ un divario insopportabile, che deve essere superato al più presto, investendo nel capitale umano e restituendo ai lavoratori e alle loro famiglie sicurezza e dignità.
E’ una situazione talmente grave che vede non solo la preoccupazione delle forze sociali e sindacali, ma anche dell’ANPI.
Il 25 Aprile è oggi una data più viva che mai, in grado di unire tutti gli italiani attorno ai valori fondanti della nostra democrazia.
Mentre ricordiamo i 100.000 caduti della Resistenza contro il nazifascismo e celebriamo le pagine più ricche e belle della nostra storia, dobbiamo assumere l’impegno solenne a realizzare gli ideali per cui tanti sacrifici sono stati compiuti ed a tradurre nella realtà i principi fondamentali della nostra Costituzione, consegnando ai giovani la speranza di un futuro migliore.
In un contesto internazionale preoccupante, è doveroso anche lanciare un forte appello per il rispetto e la garanzia – in ogni Paese – dei diritti umani, nella profonda convinzione che – come ha insegnato la Resistenza – ciò costituisce il fondamento della libertà e della pace.
Come cittadino, come figlio di un partigiano, ho sempre ritenuto giusto e importante celebrare il 25 aprile, perché il sacrificio di tante persone non sia stato inutile, perché delle loro gesta sia conservata fedele memoria.
Il loro ricordo è ancora di insegnamento alle generazioni di oggi e a quelle che verranno, ricordando, anche a chi tenta talvolta di beffarsi della storia, quanto siano costate, in fatto di sofferenze, di vite umane ed estremo sacrificio, le Parole e le Idee di Libertà e Democrazia.
Viva il 25 aprile! Viva la Repubblica Italiana! Viva la Costituzione!