Le donne della Resistenza.
Video di Maria Angela Banzato, Davide Fasson, Matilda Tosin.
Gli
alunni della 3F, invece, hanno
svolto un approfondimento sul ruolo delle donne nella Resistenza.
Le donne della
Resistenza
Le donne
ricoprirono un ruolo molto importante durante la seconda guerra mondiale:
sostituirono gli uomini impegnati in guerra nel lavoro nelle fabbriche,
contribuirono alla raccolta e alla consegna ai partigiani di munizioni,
indumenti, cibo e medicinali, curarono i feriti, assistettero i famigliari dei
caduti, nascosero i clandestini; inoltre molte di loro effettuarono anche
un'attività di propaganda politica, atti di sabotaggio e di occupazione. Durante
il conflitto molte donne furono impiegate in molteplici lavori tradizionalmente
svolti dagli uomini: divennero operaie, impiegate, postine, fornaie, conducenti
di tram; venivano assunte con contratti a termine, in modo da lavorare fino al
rientro dei soldati. In fabbrica la disciplina era ferrea e il lavoro molto
faticoso; tutti dovevano collaborare alla produzione di armamenti, viveri, auto
e macchinari per l'esercito. Durante la Resistenza le donne ebbero spesso un
ruolo rilevante e portarono a termine missioni delicate e rischiose.
Importantissimo fu il ruolo delle cosiddette "staffette", che si
occupavano della trasmissione di informazioni ma anche del reperimento e della
consegna di armi alle formazioni partigiane. In Italia le donne partigiane
furono circa 35.000; si esposero al rischio dell'arresto, della tortura e della
vita per difendere i propri ideali. Una delle immagini più celebri è quella di
una donna che sorride felice alla notizia della nascita della Repubblica Italiana
dopo il referendum del 2 giugno 1946. Combattere per una causa comune e
sentirsi parte integrante della società, diede alle donne maggiore
consapevolezza dei propri diritti e delle proprie responsabilità. Dopo la liberazione
dell'Italia dall'occupazione nazifascista, il Paese si avviò a ricostituire la
propria rappresentanza democratica. Alle donne fu finalmente riconosciuto il
diritto di voto con un decreto del governo Bonomi del 31 gennaio 1945. Queste
votarono per la prima volta alle elezioni amministrative del 10 marzo 1946, ma
il primo voto a carattere nazionale fu quello in occasione del referendum per
scegliere fra monarchia e repubblica, il 2 giugno del 1946. Fu un momento
importante anche perché, in quell'occasione, vennero elette le prime donne come
membri dell'Assemblea costituente: 21 su 556 rappresentanti.
Ines Bedeschi Mary
Nome
di battaglia "Bruna" è
stata una partigiana
italiana, medaglia d'oro al valor militare. Ines nacque in una famiglia di
agricoltori ed era dedita alle attività agricole. Dopo l'Armistizio di
Cassibile partecipa attivamente nelle file della Resistenza emiliana rendendo
la sua casa un punto di riferimento per i partigiani locali. Nel 1944 entra a
far parte del CUMER (Comando Unificato Militare Emilia-Romagna) con il ruolo di
staffetta, portando a termine numerosi e delicati incarichi, come i
collegamenti tra il Comitato di Liberazione Nazionale, i partiti clandestini e
i comandi partigiani regionali. Durante una missione, a poche settimane dalla
Liberazione, il 23 febbraio 1945, viene catturata dai nazifascisti che, dopo
averla torturata senza ottenere alcuna confessione, la fucilano il 28 marzo per
poi gettare il suo corpo nel fiume Po a Colorno, in località Mezzano Rondan: in
prossimità del fiume il comune di Colorno ha posto un cippo commemorativo. Con
lei vengono fucilati anche i partigiani Gavino Cherchi e Alceste Benoldi.
La
dedica sulla sua lapide: «Ines Bedeschi
era nel fiore della vita / e tutta intera voleva viverla / invece la dette da
partigiana / ad ogni cosa più cara rinunciò che non fosse la lotta / dalle sue
valli e monti di Romagna / andò dove era maggiore il bisogno / la presero i
nazisti feroci e spaventati / la tortura non strappò dalla sua bocca rotta / neppure
un nome di compagno / infuriati i tedeschi la portarono sulla riva del Po / ma
anche in un giorno di primavera che era fatica morire / Ines Bedeschi non sentì
la voglia / di salvarsi col tradimento / Renata Viganò».
Onorificenze: “Spinta da un ardente amor di Patria, entrava
all'armistizio nelle formazioni partigiane operanti nella sua zona, subito
distinguendosi per elevato spirito e intelligente iniziativa. Assunti i compiti
di staffetta, portava a termine le delicate missioni affidatele incurante dei
rischi e pericoli cui andava incontro e della assidua sorveglianza del nemico.
Scoperta, arrestata e barbaramente torturata, preferiva il supremo sacrificio
anziché tradire i suoi compagni di lotta.”
Irma Bandiera
E’
stata una partigiana italiana, Medaglia d'oro al valor militare (alla memoria).
Irma nacque nel 1915 in una benestante famiglia bolognese; il padre Angelo è
capomastro edile e si avvicina all'antifascismo durante la dittatura; la madre
è Argentina Manferrati, e ha una sorella, Nastia. Il fidanzato di Irma,
militare, è fatto prigioniero dai tedeschi a Creta dopo l'8 settembre 1943 e
resta disperso dopo che la nave su cui era imbarcato per il trasferimento in
Germania è bombardata e affonda al porto del Pireo. Le sue ricerche restano
infruttuose. Irma Bandiera inizia ad aiutare i soldati sbandati dopo
l'armistizio e ad interessarsi di politica, aderendo al Partito Comunista. A
Funo, dove andava a trovare i parenti, conosce uno studente di medicina, Dino
Cipollani di Argelato, il partigiano "Marco".
Irma entra quindi nella Resistenza, al tempo molto attiva nella bassa
bolognese, con il nome di battaglia "Mimma"
nella VII brigata GAP Gianni Garibaldi
di Bologna. Il 5 agosto 1944 i partigiani uccidono un ufficiale tedesco e un
comandante delle brigate nere, il che scatena il giorno successivo la
rappresaglia a Funo. Tre partigiani vengono arrestati e portati alle scuole di
San Giorgio di Piano. Il 7 agosto 1944 Irma Bandiera aveva trasportato delle
armi alla base della sua formazione a Castel Maggiore. La sera del 7 agosto
Irma Bandiera è arrestata a casa dello zio, insieme ad altri due partigiani.
Rinchiusa anche lei nelle scuole di San Giorgio di Piano, ma separata dai
compagni, è quindi tradotta a Bologna, dove i fascisti speravano di ottenere da
lei altre informazioni sulla Resistenza. Per sei giorni e sei notti Irma fu
torturata dai fascisti della Compagnia Autonoma Speciale, guidati dal Capitano
Renato Tartarotti, che arrivarono ad accecarla, ma Irma resistette senza
parlare, preservando così i suoi compagni partigiani. Secondo Renata Viganò,
"la più ignominiosa disfatta della loro sanguinante professione si
chiamava Irma Bandiera". I fascisti la uccisero infine con alcuni
colpi di pistola a bruciapelo al Meloncello di Bologna, nei pressi della casa
dei suoi genitori, il 14 agosto. La famiglia Bandiera la cercò alle Caserme
Rosse di via Corticella, centro di smistamento per i deportati, sperando che
fosse fra i detenuti liberati dai gappisti nel carcere cittadino di San
Giovanni in Monte, il 9 agosto. La madre continuò a cercarla, insieme alla
sorella, in Questura e al comando tedesco di via Santa Chiara 6/3. Il corpo di
Irma venne ritrovato il 14 agosto sul selciato vicino allo stabilimento della
ICO, fabbrica di materiale sanitario, dove i suoi aguzzini l'avevano lasciata
in vista per una intera giornata, a monito. Fu quindi portata all'Istituto di
Medicina Legale di via Irnerio dove un custode, amico della Resistenza, scattò
le foto del viso devastato dalle torture. Irma infine fu sepolta nel Cimitero
monumentale della Certosa di Bologna, accompagnata dai familiari e da qualche
amica. La federazione bolognese del PCI il 4 settembre 1944 fece circolare un
foglio clandestino in cui si ricordava il senso patriottico del sacrificio di
Irma, incitando i bolognesi a intensificare la lotta partigiana per la
liberazione dal nazi-fascismo. In suo onore, nell'estate del 1944, una
formazione di partigiani operanti a Bologna prese il nome Prima Brigata Garibaldi "Irma Bandiera". A lei fu inoltre
intitolata una brigata SAP (Squadra di azione patriottica) che operava nella
periferia nord di Bologna ed un GDD (Gruppo di Difesa della Donna).
Onorificenze:
«Prima fra le donne bolognesi a impugnare
le armi per la lotta nel nome della libertà, si batté sempre con leonino
coraggio. Catturata in combattimento dalle SS. tedesche, sottoposta a feroci
torture, non disse una parola che potesse compromettere i compagni. Dopo essere
stata accecata fu barbaramente trucidata e il corpo lasciato sulla pubblica
via. Eroina purissima degna delle virtù delle italiche donne, fu faro luminoso
di tutti i patrioti bolognesi nella guerra di liberazione.”
Donne
Legnanesi nella Resistenza.
Anche vicino al nostro paese,
nella città di Legnano, ci sono testimonianze di donne che hanno aiutato
attivamente la Resistenza.
Una
su tutte Piera Pattani che ha
portato avanti l’azione partigiana al femminile più famosa per Legnano, con
un bacio. L’episodio risale a luglio 1944, all'Ospedale di Busto Arsizio,
dove venne portato un comandante della 101° Brigata Garibaldi GAP di Legnano
Mazzafame e Gorla Maggiore, Samuele Turconi, gravemente
|
ferito e piantonato dai fascisti
che dopo averlo interrogato erano intenzionati a fucilarlo. Fingendosi la
fidanzata del partigiano ferito, Piera Pattani, anche lei nei partigiani e
appena sedicenne, riuscì con un bacio a mettere di nascosto un biglietto in
bocca al ragazzo, con l’orario stabilito per farlo fuggire, venne picchiata e
maltrattata dai fascisti, ma l’operazione di liberazione del partigiano ebbe
successo. Portato a Legnano su una bicicletta, il ragazzo venne curato e
salvato da altri compagni partigiani. Da quell’episodio, Piera cominciò ad
andare negli ospedali fingendosi la fidanzata di partigiani che non aveva mai
visto, per comunicare le modalità concordate per tentare la fuga e salvarli. Ha
collaborato inoltre con comandanti come Arno Covini e Mauro Venegoni, con il
famoso gappista Visone, Giovanni Pesce, nel rhodense; è stata al fianco di Mario
Cozzi (Pino), aiutandolo attivamente ad organizzare l’insurrezione del
25 aprile. Piera era anche responsabile della stampa clandestina che lei stessa
andava a prendere a Milano e poi distribuiva a tante donne che la portavano
nelle fabbriche di Legnano e zona. Piera il 5 novembre 2013 ha ricevuto la
benemerenza civica, l’ha accettata e l’ha condivisa idealmente con tutte le
donne che hanno collaborato con lei a Legnano e nei paesi vicini.
Piera Pattani, in occasione del festeggiamento
dei suoi 90 anni ha lanciato un messaggio: “Ai giovani dico prima di tutto di essere
fermi e solidali nelle cose. Se hai un’idea, qualunque sia, portala avanti con
fedeltà, ma con onestà la devi portare avanti, come l’abbiamo portata avanti
noi.”
Altre importanti figure di
collegamento tra le Brigate Garibaldi SAP e GAP e tra il CLN di Milano e il CLN
di Legnano, furono:
Francesca
Mainini che a 26 anni, si
occupava delle azioni più rischiose, disarmi, sequestri di armi e viveri direttamente
in fabbrica per i partigiani di montagna, sia per i garibaldini di estrazione
comunista sia per le formazioni cattoliche, e si occupava di deragliamenti e
attentati.
Irene
Dormelletti, altra staffetta della
GAP, una bellissima ragazza di 23 anni che sfrecciava in bicicletta tra Legnano
e Gorla Maggiore portando i bigliettini con gli ordini infilati dentro il
telaio della bici. Irene accompagnava anche i partigiani per alcuni tratti.
Iole
Legnani, giovanissima staffetta
legnanese di 16 anni, aveva il coraggio di trasportare bombe, rivoltelle ed
altro in treno o in bicicletta, anche in luoghi dove i fascisti erano numerosi.
Giuseppina
Marcora, sorella di Giovanni,
comandante partigiano nelle formazioni cattoliche “Alfredo Di Dio” e futuro ministro dell’agricoltura. Lei era il
comandante militare delle formazioni partigiane cattoliche di Inveruno e zona.
Finita la guerra a lei, donna, è arrivato a casa il foglio di “congedo
militare”.
1 Comments:
Buonasera,
Sono Andrea Mazzocchin, presidente della sez. ANPI di Gorla Minore.
Vi scrivo perché la mia famiglia paterna ha origine a San Giorgio e sono fortemente interessato ad approfondire la storia della lotta partigiana nella vs cittadina. Come posso fare? Avete dei sussidi? Oppure possiamo fare una chiacchierata? Grazie
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