27 gennaio 2025 GIORNO DELLA MEMORIA
GIORNO
DELLA MEMORIA
Il
27 gennaio 2025 abbiamo ricordato l’80° anniversario della liberazione del lager
di Auschwitz da parte delle truppe sovietiche. Tra il 1933 e il 1945,
furono circa 17 milioni le vittime dei campi di concentramento di entrambi i
generi e di tutte le età, tra cui quasi 6 milioni di ebrei.
Con il professor Giancarlo Restelli alla scuola Rodari
abbiamo raccontato la storia di Anna Frank alle classi quinte, tutti
attenti a quanto veniva loro spiegato e mostrato.
Alla fine sono state lette, da alcune alunne ed alunni,
quelle che loro giudicano le frasi più belle che Anna Frank ha scritto sul suo
diario:
“Ognuno di noi ha dentro di sé una buona notizia. Ed è
che non si sa quanto grande si può essere! Quanto si può amare! Che cosa si può
realizzare! E quale sarà il nostro potenziale”.
“Come
è meraviglioso che non vi sia nessun bisogno di aspettare un singolo attimo
prima di iniziare a migliorare il mondo”.
“Quel che è accaduto non può essere cancellato, ma si può
impedire che accada di nuovo”.
“Chi è felice farà felice anche gli altri, chi ha coraggio
e fiducia non sarà mai sopraffatto dalla sventura!”.
Il ricordo di Anna e di milioni di altri bambini, assieme
al ricordo delle sofferenze causate dal regime nazista oggi è ancora vivo e
continuerà ad esserlo per sempre. È fondamentale rimanere attenti e vigili di
fronte all’odio e alle discriminazioni di ogni natura, da rigettare in ogni
loro forma.
Le classi terze della Scuola Ungaretti hanno
ascoltato dal professore Restelli come venivano trattati i prigionieri nel
campo di Auschwitz con l’arrivo delle tradotte, la selezione, le “docce”, il
lavoro massacrante, la scarsità di cibo, i “forni”. È stato anche il momento di
ricordare agli studenti il Segretario Comunale Giacomo Bassi (Giusto fra
le Nazioni) che nel settembre 1943 nascose in un’aula della scuola elementare
la famiglia Contente, italiani di religione ebraica, salvandoli da una
sicura deportazione ad Auschwitz: padre, madre e i figli Nissim, Avram,
Sara.
Alla sera in sala consiliare, sempre con il professor
Restelli, abbiamo ricordato i nostri concittadini sangiorgesi che sono
stati deportati dopo l’8 settembre 1943 nei campi di lavoro e di prigionia in
Germania: più di cinquanta giovani militari e alcuni civili. La maggior parte
di loro non ha mai raccontato nulla. Elettra, Nareda e Stefania hanno letto le
testimonianze di alcuni deportati di San Giorgio.
“A Mauthausen sotto la pioggia e il vento gelido
si doveva lavorare tutto il giorno e tutti i giorni con il piccone o con il
badile. Dopo aver scavato, occorreva portare via il materiale di scarto, a
volte provocato anche da scoppi di mine, caricandolo su vagoncini che venivano
spinti a mano su apposite rotaie, attraverso campi infangati, fino al luogo di
scarico. Le pietre più grosse erano destinate allo scalo merci e caricate su un
treno, quelle medie venivano frantumate e utilizzate per le massicciate ferroviarie.
I binari, però, non erano fissi e toccava ai prigionieri sollevarli a mano e
spostarli dove ce n’era bisogno. Erano pesanti e freddissimi ed accompagnati
dalle grida e dalle bastonate dei Kapò. In cava c’erano lavoro, botte e basta.
Ricordo ancora l’esteso ematoma sul fianco sinistro di mio padre causato dalle
legnate che crudelmente colpivano più volte sempre lo stesso punto del corpo.”
“A Bergen Belsen, nelle baracche non c'era
riscaldamento e molta gente stanca, affamata e al freddo non sopravviveva. A
fianco delle baracche vi era un deposito di patate e, se i prigionieri avessero
buttato giù la porta, sarebbero stati fucilati, invece se i cuochi avessero
dimenticato di chiudere il magazzino sarebbero stati puniti loro.”
“Come unico riconoscimento e come unica testimonianza
tangibile di questi terribili anni mi rimane questa piastrina metallica che
portavo sempre al collo. La piastrina porta il mio numero di riconoscimento: 105254
/ II A.”
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