25 aprile 2025 - 80 anniversario Liberazione
Buongiorno, grazie per la vostra presenza. Quest’anno
l’Anniversario della Liberazione assume un aspetto particolare, per gli ottanta
anni dalla fine della seconda guerra mondiale. Per prima cosa esprimo il
cordoglio della sezione per la morte di Papa Francesco, "che colpisce
tutti gli uomini di buona volontà. Papa dei poveri, degli esclusi e della Pace
contro le diseguaglianze prodotte da una economia feroce che sfrutta il lavoro
e depreda l'ambiente, arricchendo pochi potenti che stanno svuotando la
democrazia e minacciando la libertà nel mondo. Lascia una eredità morale e
dottrinale importante, e una riforma della chiesa cattolica avviata e ancora
incompiuta. ANPI saluta un papa resistente, ostinatamente contrario a ogni
guerra, a ogni, a ogni violenza, a ogni odio, forte dell'amore e della speranza
nell'umanità, cuore del messaggio evangelico".
Oggi vogliamo anche ricordare Ivan Solbiati,
sindaco di San Giorgio dal 91 al 93, antifascista da sempre, e vogliamo
ricordarlo con le parole che aveva pronunciato il 25 aprile 1993:
MATTIA
“Care concittadine, cari concittadini ci
troviamo ancora una volta a ricordare una data storica, importantissima e
decisiva per ciò che è stato poi, pur tra le contraddizioni dell’azione
politica, lo sviluppo democratico, sociale ed economico del nostro paese: il 25
aprile 1945. L’Italia liberata grazie
agli Alleati e ai Partigiani di ogni credo politico, sostenuti dai lavoratori
delle grandi industrie del Nord e dall’intero popolo, martoriato dalle
sofferenze imposte dall’occupazione nazista e umiliato dalla violenza delle
squadracce repubblichine, posero fine alla dittatura fascista e gettarono le
basi per una ricostruzione materiale e morale della nostra società, che trovò
poi il suo assetto costituzionale nella repubblica democratica fondata sul
consenso popolare e sui principi essenziali per una convivenza civile: la
libertà, la giustizia, la solidarietà, la pace. Oggi non si tratta solo di
celebrare retoricamente quegli avvenimenti, di onorare con parole e riti usuali
i Caduti di quella lotta.”
Come suggeriva, vogliamo ricordare dopo 80 anni
chi, a San Giorgio, si espose in prima persona per ridare a tutti gli italiani,
vincitori e vinti, la Dignità, la Libertà, la Pace!
A tutti gli italiani, perché oggi dobbiamo
celebrare tutti la sconfitta del nazifascismo.
ENEA: Oggi siamo qui per ricordare insieme il
25 aprile, una data importante per l’Italia. Ma cosa significano davvero
"Liberazione" e “Resistenza”?
MAYA: Per noi, che abbiamo 13 anni, forse è
difficile immaginare cosa volesse dire vivere in un Paese senza libertà. Ma
abbiamo provato a pensarci.
ENEA: Significa non poter dire quello che
pensi. Avere paura di parlare. Vedere persone portate via solo perché erano
diverse o perché avevano un sacco di farina comprato di nascosto. Avere il cibo
razionato, fare la fame, mettersi in fila fuori dai negozi sotto la
sorveglianza, magari, di un mitra carico a pochi centimetri da te. Le sirene
sul tetto della scuola che ti svegliano nel cuore della notte. Vestiti in
fretta! E via, fuori nel buio, in bicicletta, verso un buco scavato nelle
campagne, il più lontano possibile dalla ferrovia… Camminare per la strada e
vedere un piccolo aereo abbassarsi e mitragliare la stazione, la gente che cade
a terra ferita, i morti… Sentire gli stivali chiodati marciare per la strada
nella notte, guardare di nascosto dalle imposte e vedere persone ammanettate
portate via. In lontananza il crepitio degli spari.
MAYA: E poi ci sono state persone che hanno
detto "No". Persone che hanno scelto di resistere. Anche se era
pericoloso. Anche se avrebbero potuto far finta di niente.
ENEA: Erano giovani, spesso poco più grandi di
noi. Hanno lasciato le loro case, le famiglie, la scuola. Perché credevano in
qualcosa di più grande: la libertà, la giustizia, la pace.
MAYA: La Resistenza non è stata solo guerra. È
stata scelta. Scelta di non voltarsi dall’altra parte. Di proteggere chi era in
pericolo. Di lottare per il bene comune.
ENEA: Grazie a loro oggi possiamo parlare
liberamente. Possiamo andare a scuola. Possiamo sognare un futuro migliore.
MAYA: Ricordarli è un dovere. Non solo per dire
grazie. Ma per non dimenticare che la libertà non è scontata. Va difesa ogni
giorno, con le parole, con il rispetto, con il coraggio.
Insieme: Viva il 25
aprile. Viva la libertà.
Dopo l’8 settembre 1943 nacquero nelle città,
sulle montagne le prime formazioni partigiane, formate da civili e da militari
che lasciarono i reparti al fronte e si dispersero, abbandonati dai superiori:
chi tornò a casa, chi fu catturato ed inviato nei campi di prigionia e di
lavoro, chi si unì alle forze partigiane nei paesi stranier dove si trovava in
quel momento.
FRANCESCO
Mi chiamo Pino Croci, nel 1944, a 20 anni, svolgevo il servizio militare come marinaio a La
Spezia. Il nostro comandante ci disse di scappare perché arrivavano i tedeschi.
Con un mio amico tornammo a casa utilizzando mezzi di fortuna. Mio papà,
Angelo, che era un esponente del partito clandestino di Giustizia e Libertà, mi
nascose nel fienile. Tutte le volte che sentivo arrivare la ronda fascista in
cerca di disertori, saltavo nel cortile dietro casa mia. I miei genitori aiutavano
giovani partigiani in cerca di un rifugio. Un giorno arrivò un certo Nico, che
era scappato dal Niguarda perché ricoverato per la frattura delle gambe.
Diventammo amici. Una volta alla settimana mia mamma, Maria Solbiati, andava a
Milano per portare delle lettere alla madre di Nico. La sera del 24 aprile Nico
mi incaricò di portare un dispaccio a Legnano per un colonnello del CLN. Dissi
a mia madre: "Mamma mi prepari la tinozza che quando torno mi faccio un
bagno caldo, e mi prepari un bel zabaione". Poi misi nella cintura una
vecchia rivoltella di mio nonno, che aveva fatto la guerra d'Indipendenza. Mentre
percorrevo in bicicletta la via XX Settembre, che a quel tempo era sterrata e
piena di buchi, caddi e dalla pistola partì un colpo: la pallottola mi trapassò
l'intestino e i polmoni. L'8 maggio, dopo tredici giorni di agonia, dovetti
salutare parenti ed amici.
Tra i riconoscimenti ricevuti da Pino, ricordiamo tre medaglie d'oro alla
memoria, l'intitolazione della via Pino Croci (ex via 28 Ottobre), la menzione
in numerose pubblicazioni sui Martiri della Resistenza; la sua effigie riprodotte
su cartoline e lettere in occasione della mostra storico filatelica per il 50°
della Liberazione. Tessera ad Honorem ANPI.
Dopo l’8 settembre 650mila soldati italiani
furono catturati e deportati nei campi di prigionia nazisti, in Italia e
all’estero, abbandonati da gran parte degli ufficiali, senza istruzioni. Erano
circa trecento i nostri concittadini sui vari fronti di battaglia. Più di
cinquanta vennero imprigionati in Germania, altri furono portati dagli alleati
in Inghilterra, Francia, Sud Africa.
ALESSANDRO
Furono più di 50 i sangiorgesi deportati nei
campi di lavoro. Roberto Albera, Angelo Parini e Ettore Fusè furono dichiarati
dispersi. Molti di quelli che tornarono non dissero nulla per molto tempo.
-Mario Morelli: appena giunto al campo, mi promisero
che sarei tornato a casa se avessi aderito alla Repubblica Sociale Italiana, ma
risposi con un secco NO.
-Mario Corna: A Mauthausen sotto la pioggia e il
vento gelido si doveva lavorare tutto il giorno e tutti i giorni con il piccone
o con il badile. Poi dovevamo salire 186 scalini ripidi, sconnessi ed
irregolari portando sulle spalle i pesanti blocchi di pietre. Alcuni
prigionieri, esausti, si lasciavano cadere trascinando tutti i compagni dietro
di loro.
-Virginio Zucchetti: All’arrivo ci portarono via
tutto, ma non i nostri ricordi."
-Antonio Vignati: Le esperienze vissute in quegli
anni sono state certamente un grande insegnamento. Ai giovani, che si
apprestano oggi ad affrontare la vita, dico sinceramente di lasciare spazio
all'altruismo, al rispetto, all'indulgenza, che sempre ricompensano e
soprattutto costituiscono il percorso obbligato verso la pace.”
I partigiani combattenti attivi a San Giorgio
non furono molti, ma parecchi cittadini erano antifascisti. La maggior parte di
loro lavorava nelle fabbriche e dopo l’8 settembre, iniziarono i sabotaggi alla
produzione bellica. Alla sera alcuni venivano convocati in luoghi segreti,
senza nemmeno sapere il nome uno dell’altro, ma con nomi di battaglia, per
compiere attentati e procurarsi le armi rubate ai tedeschi e ai fascisti, e
portarle in montagna, in Val Sesia, in Val d’Ossola: Eugenio Lambertini,
Aldo Travaini, Gerolamo Morelli, la famiglia Solbiati (Silvio, Enrico,
Giannino), Carlo Girotti, ... Purtroppo un operaio della Franco Tosi,
membro della commissione interna, fu arrestato e deportato.
CLIO
Guido Vignati (1911) fu catturato nel mese di
marzo 1944, ed inviato con il treno partito dal Binario 21 a Mauthausen. Ebbe
il numero di matricola 57472, Triangolo Rosso, Deportato Politico. Riuscì a
tornare a casa, nonostante fosse stato costretto alla “marcia della morte” da
Vienna a Mauthausen, circa 200 chilometri da percorrere a piedi, senza
mangiare, bevendo solo l’acqua delle pozzanghere. Una marcia che serviva ai
nazisti per impedire ai sovietici e agli anglo-americani di liberare i
prigionieri. Io sono stata al Binario 21 con la mia classe, è stata una
interessante esperienza, perché abbiamo visto Liliana Segre. All’inizio ho
avuto un po’ di paura, perché è un luogo poco illuminato, ma soprattutto perché
da lì partivano, oltre ai deportati politici come Guido Vignati, intere
famiglie, con bambine della mia età, perseguitati per la loro religione. Come
ha detto Primo Levi “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario,
perché ciò che è successo può ritornare!”
Ci furono anche i giovani militari sangiorgesi
che, all’estero, si unirono ai partigiani locali.
GIORGIO
-Giuseppe Mezzenzana, bersagliere, dopo l’8
settembre 1943 a Spalato, si unì ad altri trecento soldati italiani (carabinieri,
genieri, bersaglieri), per formare il Battaglione Garibaldi che si unì ai
partigiani slavi che combattevano i nazisti e i fascisti, gli ustascia. Molti militari italiani in quei giorni meditarono sugli avvenimenti e
percepirono più chiaramente gli inganni e le menzogne loro propinate dal
governo fascista italiano attraverso lunghi anni di inutili sofferenze.
Decisero di dire un grande e perentorio NO ai tedeschi, scegliendo le sofferenze,
piuttosto che la collaborazione con loro e col nazifascismo.
- Giannino Rossi, militare a Cefalonia, è
da considerarsi DISPERSO, quale
PARTIGIANO, dal 23 settembre 1943 in occasione dei combattimenti contro
i tedeschi svoltisi nell'isola di Cefalonia (Grecia), mentre operava con la
Divisione "Acqui”.
Leggendo i vari racconti dei giovani partigiani
viene subito alla mente il dolore che provavano i loro familiari, specialmente
le mamme
SOFIA
La madre del partigiano di Gianni Rodari
Sulla neve bianca bianca
c’è una macchia color vermiglio;
è il sangue, il sangue di mio figlio,
morto per la libertà.
Quando il sole la neve scioglie
un fiore rosso vedi spuntare:
o tu che passi, non lo strappare,
è il fiore della libertà.
Quando scesero i partigiani
a liberare le nostre case,
sui monti azzurri mio figlio rimase
a far la guardia alla libertà.
Molto importante fu il ruolo delle donne che
affiancarono e aiutarono in città e in montagna le formazioni partigiane. Furono
più di 50 mila le donne che parteciparono attivamente alla Resistenza, 35
mila erano le partigiane combattenti, 20 mila quelle di supporto, tante altre,
invece, operavano nei Gruppi di difesa della donna (GDD). Ma più del doppio
non lo dissero mai. Erano combattenti, mogli, madri, figlie erano le donne
della Resistenza italiana, erano staffette partigiane.
CHIARA
Le staffette partigiane erano giovani donne e
ragazze che svolgevano un ruolo fondamentale nella Resistenza, trasportando
messaggi, armi e viveri tra i gruppi partigiani, spesso a rischio della loro
stessa vita.
-Lidia Beccaria Rolfi, staffetta partigiana e
deportata a Ravensbrück: "Avevamo paura, certo, ma la libertà era più
importante."
-Germana Pescini, staffetta partigiana: "Non
eravamo eroine, eravamo ragazze che volevano la libertà."
-Teresa Vergalli, staffetta partigiana: "Portavo
ordini, messaggi, viveri... ma soprattutto portavo speranza."
-Lisa Foa, staffetta partigiana: "Non
c’era tempo per il dubbio, c’era solo la scelta tra libertà e
oppressione."
-Piera Pattani, legnanese: “Avevo sedici anni
quando, nel 1943, cominciai a collaborare con i partigiani. Il mio primo
compito da staffetta fu quello di portare nelle fabbriche i volantini che
invitavano i lavoratori a scioperare contro il regime. Ai giovani dico di
essere fermi e solidali e di portare avanti le idee con fedeltà ed
onestà.”
-Enrica Poretti, sangiorgese: “Erano momenti così, si cercava di
aiutare i ragazzi che erano scappati dall'esercito dopo l'8 di settembre: tra
questi anche mio fratello.”
Le staffette partigiane
hanno rischiato tutto per combattere l’oppressione e tramandano ancora oggi un
messaggio di coraggio e resistenza.
Dopo il 25 aprile 1945 nelle città del nord
Italia il CLN nominò i sindaci che presero il posto dei podestà.
ELETTRA
Orazio Peretti (1889), 182° brigata Garibaldi.
Apparteneva al partito Giustizia e Libertà e operava con altri concittadini per
trovare il nascondiglio ai partigiani ricercati dalle milizie fasciste, come il
comandante Pachetti, Nico.
Il Partigiano combattente di Villa Cortese, Riccardo
Zerba, lo ricorda nel suo libro biografico: “In carcere feci amicizia con altri
che avevano fatto la mia stessa scelta di unirsi alla Resistenza. Fu proprio
qui che conobbi Poretti, un socialista che anni dopo sarebbe stato il primo
sindaco di San Giorgio, e poi Mario Meraviglia e Giuseppe Libani. Con loro
passai quasi un mese e fu proprio a loro che riuscii a superare i momenti più
duri della vita in carcere.”
Il 18 maggio
1945 alle ore 15, il Commissario Prefettizio Antonio Colombo consegnò al
Sindaco Orazio Peretti gli Uffici e l'Amministrazione Comunale. Peretti restò
in carica fino all'elezione del primo sindaco democraticamente scelto dai
cittadini sangiorgesi. Dobbiamo alla sua attività di
capo dell'amministrazione comunale la ripresa democratica di San Giorgio. La giunta del Sindaco Peretti era
composta da: Giovanni Croci (vice Sindaco), Angelo Sironi (Assessore), Emilio
Bianchi (Assessore), Mario Meraviglia (Assessore). Supplente: Giacomo Colombo.
Segretario comunale: Giacomo Bassi. Uno dei primi provvedimenti fu quello,
preso atto delle disposizioni impartite dal Comando Militare Alleato di
Magenta, di istituire il Corpo della "Polizia Partigiana”, cui affidare la tutela dell'ordine e
della sicurezza pubblica, scegliendo gli Agenti tra gli elementi che hanno
dimostrato consapevolezza e svolta maggiore attività nei recenti moti di
Liberazione".
La situazione nazionale, complicata e
difficile, ci impone più di una riflessione. Sono sempre più evidenti i
pensieri razzisti, xenofobi e negazionisti, totalmente intolleranti verso i
migranti e i diversi, in nome di una non meglio precisata sicurezza sociale.
Dobbiamo ricordare che la Costituzione prevede, oltre ai diritti, alcuni
doveri, fra i quali primeggia quello della solidarietà. Ai muri ed ai fili
spinati, auspicati o realizzati da altri Paesi, dobbiamo sostituire
l’uguaglianza e l’accoglienza, con l’umanità e la solidarietà che la
Costituzione ci impone. Dobbiamo combattere gli egoismi e i razzismi, che la
Resistenza non conobbe e neppure noi vogliamo conoscere, in un Paese che in
altri tempi ha superato le difficoltà e la durezza dell’espatrio. I migranti
non sono numeri, non sono cose, sono solamente uomini e donne che hanno diritto
alla dignità, la stessa citata nell'articolo 1 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: “Tutti gli esseri umani nascono
liberi ed eguali in dignità e diritti...” Chiediamo a chi crede in
questi valori, di unirsi e alzare la voce insieme contro questi atteggiamenti.
Rifletta la politica, lo faccia il governo con le sue direttive disumane sui
soccorsi, sulle Ong, sull’accoglienza diventata un miraggio, sulla deportazione
in Albania.
VITTORIA
Ecco alcune testimonianze di bambine che hanno
affrontato i viaggi sui barconi:
"La mia mamma mi stringeva forte, diceva
che non dovevo avere paura, ma il mare era troppo grande."
"Ho visto il cielo diventare nero e le
onde salire. Pensavo che non saremmo mai arrivati."
"Mi manca la mia casa. Qui nessuno parla
come me."
"Sul barcone c’era tanto freddo. Ho chiuso
gli occhi e ho sognato di correre in un prato."
"Mia sorella cantava per non farci sentire
la fame."
"Quando ho messo i piedi sulla terraferma,
ho sentito che potevo respirare di nuovo."
Sono frasi che evocano paura, speranza e
resistenza; purtroppo molte persone giacciono in fondo al mare.
Oggi
abbiamo il cuore gravato dal peso della tragedia umana che è la guerra. Una
guerra che distrugge e uccide. Le immagini di città prima e dopo l’inizio dei
conflitti sono devastanti. Dobbiamo alzarci uniti per opporci con fermezza a
ogni forma di guerra. La guerra non è mai la risposta. Non porta soluzioni
durature né pace duratura. Al contrario, lascia dietro di sé una scia di
distruzione, dolore e sofferenza umana. Abbiamo visto troppe volte come le
guerre non solo distruggano le vite di coloro che vi partecipano direttamente,
ma colpiscano anche i più vulnerabili: donne, bambini, anziani. Dobbiamo
impegnarci per risolvere i conflitti attraverso il dialogo, la diplomazia e la
cooperazione internazionale. Invece siamo alla follia. Cessate il fuoco ovunque.
LUCA
-Sadako Sasaki, vittima della bomba atomica di
Hiroshima: "Scriverò pace sulle tue ali e tu volerai per il mondo
intero."
-Iqbal Masih, bambino pakistano attivista
contro il lavoro minorile e la violenza: "I bambini dovrebbero tenere in
mano libri e penne, non strumenti di guerra."
-Malala Yousafzai, giovane attivista pakistana
per l’educazione: "Con armi si possono uccidere terroristi, ma con
l’educazione si può uccidere il terrorismo."
-Bambini siriani rifugiati: "Voglio
tornare a scuola, non voglio vedere più bombe."
-"Sogno un futuro dove non ci siano carri
armati, ma solo parchi per giocare."
FRANCESCO e DAVIDE
Ci sono cose da fare ogni giorno: / lavarsi,
studiare, giocare,
preparare
la tavola a mezzogiorno.
Ci sono cose da fare di notte: / chiudere
gli occhi, dormire,
avere
sogni da sognare,
orecchie per non sentire.
Ci sono cose da non fare mai, /n né di
giorno né di notte, /né per mare né per terra:
per esempio la guerra.
CECILIA
"Mi chiamo Amina, ho 9 anni, sono
palestinese. Prima avevo una casa, una scuola e tanti sogni. Ora sento solo
rumori forti e vedo il cielo diventare rosso. Io non capisco perché i grandi
fanno la guerra. Io voglio solo giocare con la mia bambola, andare a scuola con
la mia amica Noor, e dormire senza paura. La pace... per me è quando posso
abbracciare la mia mamma senza che lei pianga. Perché non possiamo avere tutti
la pace?”
SARA M.
"Mi chiamo Sofia, ho 10 anni, sono ucraina.
Prima il mio mondo era pieno di colori: la mia bici rosa, i fiori del giardino,
le risate a scuola. Poi la guerra nera, macerie. Ma io sogno un cielo senza
fumo, un mondo dove tutti i bambini, anche quelli lontani, possano disegnare il
sole, non i carri armati. La pace è il mio desiderio più grande".
Le testimonianze di bambine e bambini che hanno
vissuto e vivono le guerre, purtroppo non sono servite a far capire ai
governanti che dobbiamo costruire un mondo di pace. Come tutti i movimenti,
tutte le persone che ogni giorno manifestano per la fine della guerra. Nemmeno
Papa Francesco, riuscì a sedare i venti di guerra.
OSCAR
“Per fare la pace ci vuole coraggio, molto di
più che per fare la guerra. Ci vuole coraggio per dire sì all'incontro e no
allo scontro; sì al dialogo e no alla violenza; sì al negoziato e no alle
ostilità; sì al rispetto dei patti e no alle provocazioni; sì alla sincerità e
no alla doppiezza. Per tutto questo ci vuole coraggio, grande forza d’animo.”
“A tutti quelli che usano ingiustamente le armi
di questo mondo, io lancio un appello: deponete questi strumenti di morte;
armatevi piuttosto della giustizia, dell’amore e della misericordia, autentiche
garanzie di pace.”
NON C’E’ PACE SENZA
DISARMO!
Ha urlato Papa Francesco con la poca voce
rimasta. Un monito che l’ANPI rimarca con la netta opposizione al piano ReArm
Europe. È una decisione presa senza un percorso democratico, che favorisce il
ritorno dei nazionalismi. Sarà l’ennesimo regalo all’industria delle armi, aumenterà
la tensione internazionale, col rischio sempre maggiore di un devastante
conflitto, comporterà tagli pesantissimi alla spesa sociale, attingendo dai
fondi per la coesione, in una situazione in cui nel nostro Paese aumentano la
povertà e le bollette, diminuiscono i salari, la sanità è al collasso, il
lavoro è precario, i morti sul lavoro aumentano, i femminicidi sono un fenomeno
criminale da affrontare, anche modificando una cultura che tollera o minimizza
la violenza contro le donne.
L’Unione Europea, attraverso gli strumenti del
negoziato e della diplomazia, deve farsi parte attiva della soluzione del
conflitto avviatosi con l’invasione russa dell’Ucraina, dev’essere promotrice
di una conferenza internazionale di pace che stabilizzi la reciproca sicurezza
dei Paesi europei e della Federazione russa. L’UE deve farsi parte attiva anche
per porre immediatamente fine al massacro dei palestinesi di Gaza da parte
dell’esercito israeliano.
Davanti all’offensiva dei dazi, promossa da
Trump, è urgente che l’Unione Europea si doti di una nuova politica di scambi
commerciali, industriali, culturali con l’est e il sud del mondo, ispirata ai
principi di equità, di coesistenza pacifica, di multipolarismo e rispetto dei
diritti fondamentali.
L’ANPI, sulla base della visione del Manifesto
di Ventotene e dei valori della Costituzione italiana, sostiene l’urgenza di
una profonda riforma dell’Unione Europea, valorizzando i principi della pace,
della democrazia, del lavoro, di un sostanziale cambiamento del sistema
economico sociale che ha portato l’Unione alla pesantissima crisi in corso.
L’ottantesimo della Liberazione è una grande
Festa popolare e nazionale in ricordo di tutte e tutti coloro, Partigiane e
partigiani, staffette, donne, lavoratori, deportati, militari, forze
dell’ordine, sacerdoti, antifasciste e antifascisti tutti, che hanno
sacrificato la loro vita e la loro giovinezza per un paese libero e liberato.
La Costituzione del 1948, da difendere ed
applicare, è stato il frutto di questa lotta, un dettato civile che riguarda
tutti: libertà, eguaglianza, solidarietà, lavoro, pace, dignità della persona,
in una piena democrazia fondata sul pluralismo e sugli equilibri dei poteri.
Questo 25 aprile è un appuntamento
straordinario per consolidare una insormontabile e
pacifica barriera contro
qualsiasi attacco alla democrazia e alle libertà. Sventoliamo
insieme le bandiere del Paese migliore, la bandiera della Costituzione
antifascista, la bandiera dell’Italia fondata sul lavoro e che ripudia la
guerra, la bandiera di coloro dal cui sacrificio sorsero i semi di una nuova
Italia. Combattiamo l'ignoranza, l'odio e l'ingiustizia ovunque si presentino.
Difendiamo i principi di uguaglianza, solidarietà e dignità per tutti. Cerchiamo
la comprensione reciproca, la tolleranza e la solidarietà per costruire un
mondo migliore per le generazioni future.
Concludiamo
con le parole di Ivan Solbiati:
NAREDA
“Dobbiamo ripetere il
miracolo realizzato dai nostri padri, madri, nonni e nonne, quando il
sentimento di unità nazionale, la passione civica vinsero ogni e qualsiasi
difficoltà, costruendo e consegnando alle nuove generazioni quell’Italia
moderna che a lungo fu indicata come esempio di grandi conquiste economiche e
sociali: quell’Italia che a tutti i costi vogliamo ricostruire”.
VIVA
IL 25 APRILE! IN DIFESA DELLA LIBERTA’, DELLA PACE, DELLA COSTITUZIONE!
Tessera ad honorem in
ricordo di ORAZIO PERETTI, primo sindaco nominato dal CLN dopo la Liberazione.
LIBRO “San Giorgio
non dimentica la sua STORIA”
Tessera ANPI in
ricordo di IVAN SOLBIATI, sindaco dal ‘91 al ’93, figlio di Enrico e nipote di
Giannino e Silvio, una famiglia antifascista dagli anni ’40.
LIBRO “75 ANNI ANPI”
BELLA CIAO
MESSA
La
preghiera del Partigiano del Beato Teresio Olivelli (CLAUDIO)
Signore,
che fra gli uomini
drizzasti la tua croce,
segno di
contraddizione,
che predicasti e
soffristi la rivolta dello spirito
contro le perfidie e
gli interessi dei dominanti,
la sordità inerte
della massa,
a noi oppressi da un
giogo doloroso e crudele
che in noi e prima di
noi ha calpestato Te,
fonte di libere vie,
dà la forza della ribellione.
Dio, che sei verità e
libertà,
facci liberi e
intensi,
alita nel nostro
proposito,
tendi la nostra
volontà,
moltiplica le nostre
forze,
vestici della tua
armatura.
Noi ti preghiamo,
Signore.
Tu che fosti
respinto, vituperato, tradito, perseguitato, crocifisso,
nell’ora delle
tenebre ci sostenti la tua vittoria:
sii nella indigenza
viatico,
nel pericolo
sostegno,
conforto
nell’amarezza.
Quanto più s’addensa
e incupisce l’avversario
facci limpidi e
diritti.
Nella tortura serra
le nostre labbra.
Spezzaci, non
lasciarci piegare.
Se cadremo fa che il
nostro sangue
si unisca al Tuo
innocente e a quello dei nostri Morti
a crescere al mondo
giustizia e carità.
Tu che dicesti
"Io sono la resurrezione e la Vita"
rendi nel dolore
all’Italia una vita generosa e severa.
Liberaci dalla
tentazione degli affetti:
veglia Tu sulle
nostre famiglie.
Sui monti ventosi e
nelle catacombe della città,
dal fondo delle
prigioni, noi Ti preghiamo:
sia in noi la pace
che Tu solo sai dare.
Dio della pace e
degli eserciti,
Signore che porti la
spada e la gioia,
ascolta la preghiera
di noi ribelli per amore.
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